CESARE CARDIN, VI RACCONTO LA MIA STORIA

Dai campi di famiglia alla piscina più profonda del mondo, la Y-40. Mezzo secolo dedicato alla famiglia (sei figli e tredici nipoti!) e alla passione per le costruzioni. Cesare racconta per la prima volta la sua storia, una di quelle storie che hanno reso grande l'Italia e il Nordest. Tra aneddoti indimenticabili e un po' di nostalgia per i tempi in cui l'edilizia era “un affare per gentiluomini” .

L'INTERVISTA

Buongiorno Cesare, come inizia la sua storia?

Con una lunga camminata, quella che facevo per andare tutti i giorni a scuola, alle elementari. Io e mio fratello più piccolo: quattro chilometri di strada, estate, inverno, su e giù per i Colli Euganei. Era il 1950, uscivamo dalla guerra e la situazione era precaria per tutti, molti finivano in Germania, a raccogliere barbabietole o in qualche risaia. A quel tempo avevamo alcuni campi di famiglia e al pomeriggio c'era poco tempo per fare i compiti, si doveva badare agli animali e andare alla fonte, ad attingere l'acqua potabile per casa, con il “bigolo”, un'asta con attaccati due secchi. In casa non eravamo in pochi e mia madre era mancata quando avevo solo cinque anni. Una tragedia che ci ha segnato tutti. Mio padre, con gli altri fratelli, lavorava già nel settore edile.


Quanti anni aveva quando ha iniziato a dedicarsi “al mattone”?

A dodici anni ho frequentato una scuola di disegno edile a Monselice, quattro anni di corso, durante il quale ho avuto come docente l'artista, pittore ed ingegnere Cesare Valeri, con il quale ho mantenuto un rapporto di collaborazione in tutti i decenni successivi, fino alla sua scomparsa. A quattordici anni ci fu il mio vero battesimo del “mattone”, lo ricordo ancora come fosse oggi: lavoravamo sul Duomo di Montegrotto, spalla a spalla con l'artista e pittore Armando Migliolaro. Gli affreschi nell'abside e nell'altare, tutt'ora bellissimi, rappresentavano la Madonna Pellegrina, i quattro Evangelisti e Papa Pacelli. “Cesarino”, mi dicevano, “prepara i fondi!” Ed io preparavo la base con la rasatura in calce di ciottolo, sopra cui si sarebbe stesa la pittura. Pensate che c'erano solo travi di legno a sostenere il restauro della cupola e noi in pantaloncini corti, senza pensare a nessun pericolo, con la spensieratezza e l'incoscienza tipiche di quell'età.

Con la fatica iniziavano ad intravedersi anche le prime piccole soddisfazioni economiche.

Cominciai ad accumulare un piccolo gruzzolo, fatto tuttavia solo da quello che mi pagavano con gli straordinari (perché la paga, quella vera, doveva essere sempre lasciata a casa, in famiglia). E sapete come ho speso i primi soldi? In una Lambretta! Non solo avevo realizzato il mio sogno di ragazzo ma quel motorino mi avrebbe permesso di spostarmi più velocemente sui colli. La pagai a cambiali, con molte rate. Tuttavia i mesi passavano e le rate da pagare non arrivavano mai; con mio padre ci guardavamo allibiti: com'era possibile? Eravamo gente semplice ma onesta e siamo andati subito in fondo a quella storia: avevo il motorino era giusto che lo pagassi. Scoprimmo che le poste consegnavano sempre il conto ad un mio omonimo, un altro Cardin Cesare che abitava poco lontano. Lui stava pagando tutto, pensando fossero le rate per la sua casa, non sapeva che stava pagando la mia Lambretta! Naturalmente appena ho potuto gli ho restituito tutto.

A differenza di molti suoi coetanei non è stato costretto ad emigrare

Non proprio, purtroppo: a quindici anni presi le valigie e mi spostai a Milano per lavorare, un destino comune a tanti. Appena arrivato mi sentii disorientato dalle tante industrie che c'erano ovunque mi girassi. Vidi i bracci di una gru enorme e pensai che valeva la pena fermarsi. Non sarei rimasto tanto tempo: giusto un anno, per vedere che aria tirava. Non sono fatto per le grandi città, e poi non mi piaceva il modo in cui lavoravano; sempre troppo indaffarati, troppo freddi, frenetici, lo spazio per le relazioni tra persone sempre così poco.

Ritornato da Milano mi si presentò l’opportunità di lavorare nuovamente per l'impresa di Carlo Scarabello (quella del Duomo di Montegrotto!), passarono due anni importanti durante i quali partecipai alla costruzione dell'Hotel Garden. Il momento per mettersi “per conto proprio” sarebbe arrivato presto: a diciotto anni, insieme ai miei fratelli Roberto, Lino e Armido decidemmo di costituire l'impresa edile “Cardin e Fratelli” e per circa dieci anni lavorammo in subappalto della grande impresa romana Ing. Galante, che gestiva direttamente la parte strutturale lasciando a noi le rimanenti opere murarie, intonaci, massetti e opere complementari di finitura. Tra le realizzazioni più importanti di questo periodo ricordo la realizzazione del Grand’Hotel di Montegrotto Terme, l’ampliamento del liquorificio Ex Lion a Battaglia Terme, quello dell’Istituto Suore Benedettine a Padova vicino la Basilica Sant’Antonio e Villa Bianca a Galzignano Terme.

Cosa ricorda degli anni '70?

Cinque anni dopo la morte per malattia di mio fratello Armido, io e mio fratello Roberto decidemmo di dividerci e costituire entrambi una ditta individuale. L’Impresa edile “Cardin Cesare” vedeva ufficialmente la luce il 9 settembre del 1978.
Tra i vari interventi realizzati in questi anni rammento Villa Lorenzin ad Abano Terme progettata dall’arch. Tobia Scarpa, il 1° residence ad Abano Terme con energia rinnovabile mediante l'uso di pannelli radianti a bassa temperatura e pannelli solari integrati su copertura, prestigiosi complessi industriali come il Calzaturificio Carmens di Galzignano Terme, Main Group ed Engineering Ingnegneria Informatica di Padova Corso Stati Uniti, il Centro Commerciale e Direzionale di Battaglia Terme e le opere di ristrutturazione e ampliamenti eseguiti in tantissimi alberghi del bacino termale.

Negli anni '80 poi, ci fu quell'incontro speciale.

Un incontro con la storia! Eravamo all'ex Hotel Orologio di Abano Terme, oggi è in rovina, ma allora era una struttura bellissima e lussuosa. Stavamo facendo dei lavori all'interno, dovevamo passare per un corridoio e all'improvviso ci troviamo di fronte niente meno che Ronald Reagan in persona!
Immaginatevi la scena: noi con in mano i secchi pieni di malta e davanti il presidente degli Stati Uniti. Fu una grande emozione, ma molti di noi finirono la giornata di cattivo umore. Perché? Naturalmente perché non poterono portare a termine il lavoro della giornata!

Negli anni '80 non solo Reagan ebbe successo ma anche la vostra azienda non se la passava male!

È vero, gli anni '80 furono gli anni della nostra affermazione, grazie a molti interventi di valore ed una clientela sempre più fidelizzata. Pensi che nel 1980 realizzammo un residence con riscaldamento a pavimento e impianti fotovoltaici, un'opera quasi avveniristica per il tempo!

I suoi figli l’hanno aiutata a far crescere l’azienda e a portarla nel futuro.

I miei figli sono l’anima della Cardin, ma non li ho mai costretto a lavorare in azienda, sono stati loro che si sono avvicinati a questo mestiere. Da quando nel 2002 vide la luce la “Cardin Cesare e Figli Srl”, grazie anche al loro inserimento, la crescita è stata esponenziale, con una continua specializzazione e acquisizione di solide competenze che ha permesso di consolidare la struttura della nostra impresa e realizzare importanti opere.

La Cardin ha realizzato un’opera avveniristica, unica al mondo, che ha avuto un’eco di portata mondiale. Ce ne vuol parlare?

Con grande piacere: si tratta della piscina Y-40, la più profonda al mondo, 42 metri! L'abbiamo realizzata nel 2013 presso l’Hotel Millepini di Montegrotto Terme. Un'opera faraonica alla cui inaugurazione c'erano personalità delle istituzioni locali e nazionali e perfino una leggenda vivente come Enzo Maiorca, oltre ad altri campioni e istruttori di sub. Tutti i giornali parlavano di noi e hanno perfino aperto una pagina wikipedia dedicata.
Pensate che dentro alla vasca ci sono percorsi che simulano le immersioni nelle grotte, altoparlanti per comunicare con i subacquei e perfino una statua della Madonna, posizionata a 10mt sott'acqua e benedetta da mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata, anch'egli subacqueo.

Cardin lei ha vissuto in un’epoca in cui anche l’edilizia era molto diversa da oggi...

Era un affare per gentiluomini. Ed era da gentiluomini che si affrontava con impegno e sacrificio ogni nuova sfida. Alla sera, rientrando a casa, con mia moglie si ragionava di amministrazione e la domenica si passava in rassegna tutti i cantieri aperti. Ai nostri figli dicevo: “Vi porto a vedere la villa che ha il tetto come il cappello di un alpino”. Bastava questo a renderli felici. A guidare il nostro lavoro c'era (e c'è tutt'oggi!) un grande senso di responsabilità. Ogni commessa è un impegno sacro che si porta aventi con passione. In ogni singolo mattone ci devi mettere sempre un po' del tuo amore.

Sarebbe ancora possibile oggi una storia come la sua?

Forse no. Se pensate alla burocrazia necessaria anche per la più piccola opera muraria... un tempo bastavano due fogli e si partiva; c'erano più cantieri che carte, adesso è l'esatto contrario!
Per non parlare delle persone: la gente ti chiamava per chiederti di pagare, oggi devi essere tu a rincorrere i clienti. Non esiste più quello spirito di sacrificio e la semplicità di un tempo.

La sua è una famiglia come non se ne vede molte al giorno d'oggi: sei figli e ben tredici nipoti. Una famiglia unita e coinvolta in pieno nell'azienda. Qual è il segreto di questo piccolo grande miracolo?

Non ho mai chiesto ai figli di intraprendere la mia stessa strada: li ho lasciati liberi di decidere con le loro teste ma alla fine, uno alla volta, tutti sono tornati sotto lo stesso tetto a portare avanti la grande passione per il lavoro fatto bene, con rispetto e serietà. Volete proprio sapere un segreto? Aver cresciuto i ragazzi con la mentalità giusta, quella che se vedi del fango non torni indietro ma indossi gli stivali e prendi una pala.

Concludiamo l'intervista con Cesare, che nel frattempo ci ha offerto dell'ottimo salame di sua produzione e del vino della zona. Una merenda fantastica con una storia fantastica. Mentre ci alziamo non possiamo che fargli l'ultima domanda: Cesare, che rimpianti ha?

Cardin ci pensa poi scuote la testa: “Nessuno”. I figli accanto a lui insistono: “Dai papà, avrai pure qualche rimpianto!”. Lui ci guarda tutti e sorride: “No, proprio nessuno”.